Danilo Tricarico

Danilo Tricarico

06/01/2024 Off Di Eugenio Lombardo

Mister Danilo Tricarico, tecnico del Saronno, compagine che gioca nel girone A d’Eccellenza lombarda, nel pallone non vede solo una sfera di cuoio colorata: coglie il senso della vita, le sue sfaccettature, le angolature più sommerse. E il gioco delle sue squadre ne riflette in pieno la sua ispirazione: contano i punti, ma più ancora quel forte desiderio di identità. Alla verità non si sfugge: bella o difficile che sia, il campo narra i giorni dell’esistenza.

Potrebbe ricordare Gigi Radice dei tempi del magico Torino, quello di Pulici e Graziani: se gratti dietro un concetto anche ovvio non trovi mai la banalità, ma il gusto di ciò che esprime una ricerca.

Vedi alla voce gli amici di Eugenio Lombardo: quelli che starei ad ascoltare per ore. Per capire. Perché sanno emozionare. Mister Danilo Tricarico, appunto.

Mister, sbaglio o quest’anno festeggi il decennale in panchina?      

“Di Prima squadra sì, è vero, ma gli anni sono già una ventina se penso alla gavetta nei settori giovanili”.

In cosa ti senti cambiato?

“I passaggi dall’essere studente lavoratore, ad avere una compagna, e poi divenire marito e da qualche anno padre, inevitabilmente ti cambiano come persona. Essere allenatore risente, ovviamente, di questi cambiamenti. L’istinto, l’impulsività, la spavalderia, lasciano piano piano il posto ad una maggiore capacità di analisi, anche di pazienza, sino ad una gestione più esperta: tutto è sempre guidato dalla passione, che prima era magari solo alimentata dall’amore per questo sport, adesso anche dal senso di responsabilità nei confronti di chi si ha vicino, e ti sopporta e supporta in tutto: sei consapevole del tempo che sacrifichi. Devi avere accanto una moglie che è la tua prima tifosa. In ogni caso senza calcio non sarei la stessa persona.

Qual è l’aspetto dell’essere allenatore che ti affascina maggiormente?

“Parto da una citazione forse troppo importante, ma che mi guida. Kant diceva: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me. La gestione della squadra è ciò che mi ha sempre ispirato. Avere un sogno comune, lavorare insieme per realizzarlo. Io non credo che vi sia bisogno, nelle relazioni, di autorità: la fiducia è una cosa importantissima. I giusti comportamenti ed atteggiamenti risiedono in ciascuno”.

Se ti dico Vergiatese, cosa ti viene in mente?

“Il calendario. E’ la prima di ritorno: quattro mesi da vivere intensamente, in cui ciascun componente del mio gruppo deve sacrificare qualcosa della propria vita privata per il bene del Saronno, per vivere insieme un sogno”.

Ma il Pavia è inarrivabile!

“Invece noi crediamo fortemente di poterla agguantare questa squadra. Determinati a vincere, a realizzare così un doppio salto. Non voglio apparire presuntuoso, ma neppure fare il falso modesto: sono semplicemente consapevole che davvero possiamo farcela”.

Avete cambiato qualcosa nel mercato di dicembre, mi pare.

“Abbiamo perso Marco Torriani, che è andato a vivere in Australia, e Jacopo Lofoco, che aveva richieste dalla serie D, e a cui non sarebbe stato giusto tarpare le ali. E abbiamo preso Raul Zucchetti e Samuele Ruggeri. Se così siamo più forti? La differenza la fa l’intensità con la quale stiamo lavorando”.

A proposito, che mi dici del vostro Simone Pontiggia? Che giocatore, questo ragazzo!

“Per noi è il leader, sia tecnico che carismatico. Tira il gruppo, sul campo è il primo a rincorrere gli avversari: dà l’esempio. Parlano i numeri: ha avuto un infortunio, è rientrato alla decima giornata, e con lui in squadra abbiamo vinto 8 partite e pareggiata una”.

Com’è il livello in questa stagione in Eccellenza, almeno nel girone in cui milita il Saronno?

“C’è un allineamento verso un’unica direzione: ti ricordi quel detto il fine giustifica i mezzi? Io credo invece che il fine sia nei mezzi”.

Qui andiamo sul complicato, cosa intendi?

“Mi spiego meglio: si è schiavi del risultato. Magari, inizialmente, si cerca di essere propositivi, ma poi alle prime difficoltà si mette tutto in discussione, si va a speculare sui singoli episodi, senza perseverare in quella che è la propria identità di squadra. La conseguenza è che c’è poca ricerca del gioco”.

C’è un allenatore che ammiri?

“Ti dico un nome che credo tu conosca: mister Andrea Ciceri. Me lo ricordo quando io guidavo il Busto81, piuttosto che la Casatese: non mi vergogno a dire che, quando dovevo incontrare il suo Fanfulla, la sera prima mi prendeva il mal di pancia. Possiamo avere idee, concetti differenti, ma il suo percorso e la sua crescita parlano chiaro”.

Il 24 marzo sfida tra miei due carissimi amici: ti scontri con mister Roberto Gatti, persona a cui voglio veramente bene. Quasi, vengo a Saronno: ma poi per chi tifo?

“Potrebbe essere decisiva. Due giorni prima è il mio compleanno: mi toccherà anche offrirti da bere”.

(Nella foto, mister Tricarico gioca con i figli, Nicolò ed Adele)

Eugenio Lombardo

05/01/2024