federica comizzoli

federica comizzoli

11/07/2020 Off Di Ottavia Rancati

Federica Comizzoli, classe 1991 di Secugnago (LO), è il capitano della prima divisone dell’A.S.D. ViviVolley 95 di Secugnago (LO). Un mix di energia e delicatezza, un’atleta fedelissima alla maglia e una banda per definizione: prima si difende e poi si attacca. Io vedo in lei una futura allenatrice; ma Federica non si vede che dentro al campo. A giocare. La Fede, colonna portante della squadra, si racconta a Lodigiano in Rosa.

A inizio settembre ho intervistato Elisa Arcelli che mi ha raccontato dell’anno 2014, in cui vinceste il campionato di Prima divisione e passaste in serie D con l’A.S.D. ViviVolley 95 di Secugnago (LO). Fu una stagione spartiacque sia per la squadra che per la società: cosa cambiò?

È stato un momento unico che mi porterò nel cuore fino alla fine dei miei giorni. Dopo quell’anno, sono cambiate tante cose in seguito alla rinuncia della serie D, dovuta ai costi eccessivi, e ciò ha spinto alcune giocatrici a spostarsi altrove. Abbiamo dovuto fare un passo indietro e rinunciare al sogno che tutti gli atleti sperano di realizzare prima o poi. Riprendendo dalla seconda divisione, si è puntato sulle giovani: è stato un colpo per le più “vecchie” però un buon percorso per chi doveva crescere. Io sono rimasta al Secugnago e ne sono felicissima: mi piace la società in cui gioco e condivido i valori che cerca di trasmettere. Al momento, siamo una squadra prevalentemente formata da ragazzine, c’è una differenza di età anche di dieci anni; questo nuovo gruppo mi ha aiutato a vivere la pallavolo in modo inedito: più spensierato e giocoso.

Ho letto qualche post sulla vostra pagina Facebook, risalente a prima dell’interruzione dei campionati, in cui si denunciava una mentalità poco vincente. Qual è la possibile causa?

(ridendo )Se lo sapessi, avrei la soluzione al problema! Siamo una squadra molto giovane e penso sia una delle motivazioni del calo di prestazione. Sono convinta che con il tempo si possa rimediare: se adesso appaio carismatica, prima ero molto insicura. La pallavolo mi ha insegnato che si può cambiare, che si può farsi valere.

Che tipo di giocatrice ti senti in mezzo a questo gruppo di giovanissime?

Mi sento una mamma che deve prendersi cura delle sue ragazze e quando c’è qualcosa che non va lo deve dire. Provo a essere il punto di riferimento della squadra, il tramite tra allenatore e ragazze e spero di poter dare e di avere dato dei valori alle ragazze, che vadano al di là dello sport.

Quindi, tra i possibili scenari futuri c’è diventare allenatrice?

No, non potrei mai! Io impazzisco se non gioco: quest’anno è stata durissima perché mi sono infortunata alla spalla per cui ho passato tanto tempo in panchina e per me è stato un supplizio: io devo giocare!

Leggevo che tra settembre e ottobre ci sarà una ripresa degli allenamenti. Fremi per tornare in palestra?

Sì, assolutamente anche perché sono rimasta pressoché ferma nei mesi prima del lock down a causa della lesione alla spalla. Non vedo l’ora di rientrare in campo, ma bisogna farlo con testa e con pazienza.

Nella vita cosa fai?

Sono Educatrice, lavoro in una scuola paritaria a Lodi e seguo due bambini: una di quarta elementare e l’altro di seconda.

C’è stato qualche allenatore che ti ha aiutato a fare il salto di qualità da giocatrice?

Quando l’ex gruppo San Fereolo è arrivato a Secugnago, è avvenuto un cambiamento di visione per me come giocatrice e per la società. Sia l’allenatrice, Sonia Napelli, che tutte le ragazze, mi hanno insegnato a vivere la pallavolo come un impegno che bisogna mantenere e a vivere la partita in maniera diversa, senza ansia. Si sbaglia una volta ma si può sempre migliorare e bisogna pensare al punto dopo per riscattarsi. C’è stato poi l’arrivo di Giovanni Dadda, anche lui mi ha dato tanto: un buonissimo allenatore.

Quali sono i tuoi punti di forza e debolezza a livello tecnico?

I miei punti di forza sono la ricezione e la difesa, anche perché non sono altissima, quindi per l’attacco mi destreggio in colpi di polso; il punto di debolezza è la battuta.

A causa della lesione alla spalla?

Sì, ma soprattutto per una vicenda che mi è successa qualche anno fa: eravamo al tie- break, 15-16 per la squadra avversaria, toccava a me in battuta e ho sbagliato; da lì, ho avuto un down e la battuta mi snerva: mi sento tutta la responsabilità addosso.

Hai un aggettivo con cui ti descrivi in campo?

Carismatica, cioè grintosa: mi sembra di trasmettere l’energia giusta alle mie compagne.

Idolo sportivo?

Il mio punto di riferimento è Osmany Juantorena (schiacciatore cubano naturalizzato italiano che ha partecipato ai giochi olimpici di Rio nel 2016 aggiudicandosi l’argento e attualmente giocatore del Volley Lube di Treia in serie A).

Vuoi mandare un saluto ai tuoi tifosi e compagne di squadra?

Ciao ragazze, ciao a tutti! Sapete che mi imbarazzano queste cose e mi emozionano, ma volevo dirvi che spero di vedervi tutti a settembre. Vorrei aggiungere un pensiero, posso?

Certo!

Grazie a voi di Gazzetta Lodigiana per avermi dato l’opportunità di parlare della pallavolo. Se ne sente parlare poco di questo sport, che a me ha dato molto, sia in termini di impegno sportivo che di vita. Non smetterò mai di consigliare a tutte le persone e tutti i bambini di giocare a pallavolo, o a uno sport di squadra, perché ti confronti con le persone e impari a stare in mezzo la gente.

Lodi, 1-07-2020

Ottavia Rancati