Il 24 giugno ho compiuto diciotto anni.
28/06/2022Cosa sogni nel viso di un amico stanco di sole? Cosa pensi nel giorno di un tempo rinato, nella carezza della sera?
Il 24 giugno ho compiuto diciotto anni. Un compleanno, un giro di boa, una finestra del passaggio, una via per il mercato della vita.
La prima cosa che ho fatto da diciottenne è stata andare a documentare la semifinale interregionale del progetto Rete!
Un grande onore, una responsabilità, la speranza verso futuri di pace e accoglienza.
Nel mio cuore non solo la gioia di aver riabbracciato amici sinceri ma anche di aver assistito a una schiacciante vittoria contro i ragazzi di Gorizia.
Gli atleti, all’inizio dell’incontro un po’ imprecisi, dopo aver trovato il goal sono riusciti a costruite azioni significative, portando a casa un 5-1 secco e senza sbavature.
Mister Servidati è stato in grado, come al solito, di stimolare i fanciulli, di aiutarli a non perdere mai il sorriso.
Maestro delle cose che non funzionano, aggiusta tutto.
La sua arma? Il sorriso.
Quello, non gli manca mai.
Travestiti da guerrieri senza macchia e paura, ma fragili, i ragazzi hanno saputo perdersi nelle traiettorie del pallone e dell’amicizia, coinvolgere il sole nella danza del giorno, attraversare pagine e pagine di parole.
Li vedo alzare la coppa del primo premio con la gioia di chi sa che presto andrà a Roma a giocarsi la finale.
Per tutti loro non è solo una soddisfazione, ma un principio di vita, un modo per sentirsi importanti.
I Mister lo sanno bene e cercano di tenere i giovani anche con i piedi per terra.
Saity si siede sull’erba secca, la fronte gronda di un sudore vivo.
Mi guarda, sorride. Sulle gambe porta i segni del cammino, le ferite dei sogni. Le preoccupazione e le ripartenze.
La gioia del pallone cancella ogni cosa, confonde la sete.
Provoca determinazione.
A presenziare sul campo anche Mister Milani della Laudense Ausiliatrice che porta la sua famiglia ad assistere a questo pomeriggio all’insegna dei valori.
Non resta altro che il desiderio di vento e di acqua che consoli la dura terra.
Seduto sulla panchina insieme a Mister Servidati, mentre scambiamo qualche parola, osserviamo il campo svuotarsi e gli ultimi giovani aiutare Fadil a sistemare le porte e i conetti.
<<E adesso mi tocca portarli a Roma>>. Mi dice nascondendo il sorriso.
Negli occhi l’orgoglio di chi vede qualcuno emozionarsi.
Nella mente la consapevolezza umile di fare del bene.
Un valore universale, una promessa di fede.
Ma oggi più che mai, abbiamo bisogno di persone così: che sappiano trovare la luce nei bassifondi dell’oscurità, che riescano a scoprire la regola giusta per essere felici.