il mito per estensione

il mito per estensione

26/06/2020 Off Di Ottavia Rancati

La Storia dello sport viene scritta da donne e uomini in grado di ispirare folle di persone grazie ai loro successi. Ma come si diventa una leggenda sportiva? Il mito sportivo è colui che si merita il diritto di essere ricordato. Ho raccolto alcuni tratti distintivi di tale figura. Ho messo a confronto sette sportivi e ne ho individuato delle somiglianze. Due sono i risultati più interessanti e ve li illustrerò nella conclusione, ma prima ecco una carrellata degli elementi tipici. Vi propongo un gioco da fare durante la lettura: quanti e quali di questi miti, da me ipotizzati tali, riconoscete?

Il soprannome

L’appellativo che diamo scherzosamente ai nostri compagni di squadra o avversari è una faccenda, in realtà, molto seria. Alcuni criteri attraverso cui assegniamo un soprannome possono essere: qualità fisiche, attitudini, provenienza. Il soprannome è un tratto tipico dei miti sportivi. Se vi dico “Fulmine”, nonché l’italianizzato Lighting, a chi pensate? E poi: The queen, Blade Runner, His Airness, Super Mario?

Il record

Il secondo tratto del mito sportivo consiste nel battere un record. Alla mano i numeri: misure, punteggi e tempi. “Dimmi quanti palleggi fai e ti dirò chi sei!”. I numeri ti rendono un mito solo se, inseriti in un contesto, risultano i migliori in assoluto: superare i risultati nazionali, europei e mondiali. Chi detiene il record di salto in lungo dal 1997 a livello mondiale? Chi è la campionessa mondiale ed europea in carica di fioretto individuale paralimpico? Chi ha vinto 39 titoli del Grande Slam[1], di cui 23 in singolare? Chi ha vinto per due volte il three-peat[2] nel campionato del NBA? Chi è stato il primo e unico atleta amputato capace di vincere una medaglia in una competizione per normodotati ai Mondiali? Chi conserva il record mondiale dei 100 metri, 200 metri piani e della staffetta 4 X 100? Insomma, la faccenda si fa ardua: diventare un idolo delle folle non è un’impresa per tutti.

Le ombre

Quale leggenda non ha delle ombre? Anche un mito sportivo può macchiare la propria popolarità. Pubblico e privato sono croce e delizia. Resta un mito chi si macchia di un crimine atroce come quello dell’omicidio, a cui sussegue una vicenda giudiziaria tortuosa? Resta un mito chi assume atteggiamenti violenti e irrispettosi? Probabilmente la risposta è no: un mito può scadere. È forse necessario che esistano anche miti scaduti? Forse sì, a ricordarci l’essere umano può marcire.

L’onorificenza istituzionale

Di doti diplomatiche nessuno ci aveva avvisato. Quando le più alte cariche pubbliche ci chiamano, è arrivato il nostro momento, ma è bene essere preparati: se il presidente degli Stati Uniti d’America ci conferisce l’insegna della Presidential Medal of Freedom, nonché la più alta onorificenza civile statunitense, di certo non possiamo cavarcela con una supercazzola[3] alla Ugo Tognazzi. Se riceviamo l’insegna Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana dal Presidente della Repubblica, o se veniamo invitati alla cena di Stato della Casa Bianca in rappresentanza della delegazione italiana, o se siamo nominati Commendatore dell’Ordine di Distinzione di Kingston, è bene armarsi di un vademecum di diplomazia. Una pubblica distinzione onorifica accompagna il mito e gli permette di scrivere le pagine della Storia da ricordare.

L’impegno sociale

[1] Nel tennis, sia in ambito maschile sia in quello femminile, il termine Grande indica la vittoria dei quattro tornei di tennis più importanti e premiati disputati annualmente. I quattro tornei sono: Australia Australian Open, Francia Open di Francia, Regno Unito Torneo di Wimbledon e Stati Uniti U.S. Open.

[2] Negli sport americani, indica quando si ottiene per tre volte consecutive il massimo risultato.

[3] Supercazzola significa sbalordire, confondere, produrre frasi no-sense. Il termine è stato coniato nel film del 1975 Amici miei, diretto da Mario Monicelli, ed è entrato nel Dizionario Zanichelli nel 2015.

Quando dalla prestazione di una singola persona ne traggono vantaggio altri, ecco che si parla di solidarietà. L’impegno sociale è intrinsecamente legato al mito sportivo. Il privato opera per il pubblico: c’è chi diventa Presidentessa del comitato per l’integrazione al razzismo della FIG, presentando progetti volti all’integrazione, all’inclusione sociale e alla lotta al razzismo (come “Progetto Rete”, ebbene sì: mi sto riferendo a un torneo organizzato per i ragazzi stranieri che ha visto coinvolta la nostra provincia); chi ha fondato “art4sport”, una Onlus di sostegno all’integrazione sociale tramite la pratica sportiva per i bambini che hanno subito amputazioni; chi diviene ambasciatrice dell’UNICEF e partecipa alle missioni sanitarie in Africa per fornire vaccini contro le malattie mortali infantili. Non mancano casi di donazioni di milioni di dollari: finanziamenti per l’organizzazione che si battono per il raggiungimento dell’uguaglianza razziale in America e chi li devolve nel settore dell’istruzione. Oppure chi decide di impegnarsi socialmente in piazza, partecipando a manifestazioni contro le ingiustizie dei nostri giorni. Penso: se un mito ha la capacità di polarizzare le aspirazioni di una comunità e addirittura di un’epoca, allora nulla è perduto.

Simbolo

Siamo disposti a elevarci a simboli? I miti diventano delle entità trascendenti, delle rappresentazioni della nostra contemporaneità sia per noi sia per chi ci succederà. Ce li ricordiamo per i loro record e per come queste leggende ci hanno ispirato. Quando la Mattel ti dedica una Barbie in esemplare unico o qualora il museo Madame Trussard di Londra installa una statua di cera a tua immagine e somiglianza, allora puoi essere definito un simbolo. Esistono altri modi per divenirlo: c’è chi ritrova i propri tratti peculiari concentrati in una parola, è il caso del termine “balotellate”[1]; oppure, chi si è moltiplicato in milioni di paia di scarpe indossate da altrettante numerose persone.

Il mito sportivo è identificato in prima battuta dal punto di vista qualitativo, con il soprannome, e dal punto di vista quantitativo, con i numeri che stanno a indicare di quale record è responsabile. Un mito sportivo è un’icona e il suo comportamento influenza folle di adulatori: diventa motore di solidarietà e impegni civili. Emergono due questioni rilevanti: i miti sportivi tendono a rompere delle regole, le stesse regole di cui erano l’esempio proprio prima di trasgredirle. Ad esempio: un individuo disabile, considerato sotto gli standard proposti dalla società e riconducibile a una categoria protetta, riesce a superare gli standard mondiali e scardina lo stereotipo della disabilità fisica; Una donna di colore che sale sul podio atletico negli anni in cui il genere femminile e l’etnia, in Italia, erano rispettivamente ripiegati in casa e ritenuti pericolosi. Il secondo punto interessante riguarda quando un mito scade: quando un eroe sportivo viene investito da uno scandalo grave, cosa succede? La sua carriera è da rinnegare e i limiti che ha superato sono da cancellare? Da ciò si palesa quanto lo sport sia legato alla società e quanto tale questione non ha implicazioni solo per il singolo individuo coinvolto- l’ex mito-, ma riguarda tutta quella fetta di società che si rifletteva in costui.

Contraddicendo la regola dell’ASL[2] del web, vi svelo solo i nomi di coloro che hanno ispirato la scrittura dell’articolo: Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio (schermitrice), Fiona May (lunghista), Mario Balotelli

[1] “balotellata s. f. (scherz. iron.) Gesto, comportamento, trovata, tipici del calciatore Mario Balotelli. Nuova disavventura per l’attaccante del Manchester City, multato a Milano (ha pure perso 10 punti della patente). Dall’incidente con le ballerine di lap dance alle provocazioni agli avversari, la top ten delle “balotellate”. (Omar Schillaci, Gq Italia.it, 11 giugno 2011, Sport) Caro Balotelli, la pianti con le «balotellate». E la pianti con le magliette vittimiste con scritto «why always me?» (perché sempre io?) come quella che ha mostrato ieri dopo avere segnato una doppietta trascinando il Manchester City alla vittoria a valanga nel derby con lo United. Ascolti quanti le vogliono bene: la pianti. (Gian Antonio Stella, Corriere della sera, 24 ottobre 2011, p. 38). Tutti a caccia di Balotelli. Quando nel tardo pomeriggio SuperMario non era ancora arrivato a Coverciano e il suo faccione non si era palesato nemmeno alla festa in piazza del Manchester City neo-campione d’Inghilterra, si pensava all’ennesima «balotellata». (Marco Guidi, Giornale.it, 15 maggio 2012). Derivato dal nome proprio (Mario) Balotelli con l’aggiunta del suffisso -ata1. Già attestato nella Repubblica dell’11 agosto 2010, p. 49, Sport (Emanuele Gamba).” Da http://www.treccani.it/

[2] ASL è l’acronimo di Age, Sex e Location; si tratta di uno slang della lingua del web utilizzato nelle chat per informarmi riguardo la persona con cui si sta interagendo. Età, sesso e luogo di provenienza sono davvero ciò che mi identificano?

Barwuah (calciatore), Micheal Jordan (cestista), Oscar Leonard Carl Pistorius (velocista), Serena Williams (tennista) e Usain St. Leo Bolt (velocista).

18 giugno 2020

Ottavia Rancati

[1] Nel tennis, sia in ambito maschile sia in quello femminile, il termine Grande indica la vittoria dei quattro tornei di tennis più importanti e premiati disputati annualmente. I quattro tornei sono: Australia Australian Open, Francia Open di Francia, Regno Unito Torneo di Wimbledon e Stati Uniti U.S. Open.

[2] Negli sport americani, indica quando si ottiene per tre volte consecutive il massimo risultato.

[3] Supercazzola significa sbalordire, confondere, produrre frasi no-sense. Il termine è stato coniato nel film del 1975 Amici miei, diretto da Mario Monicelli, ed è entrato nel Dizionario Zanichelli nel 2015.

[4] “balotellata s. f. (scherz. iron.) Gesto, comportamento, trovata, tipici del calciatore Mario Balotelli. Nuova disavventura per l’attaccante del Manchester City, multato a Milano (ha pure perso 10 punti della patente). Dall’incidente con le ballerine di lap dance alle provocazioni agli avversari, la top ten delle “balotellate”. (Omar Schillaci, Gq Italia.it, 11 giugno 2011, Sport) Caro Balotelli, la pianti con le «balotellate». E la pianti con le magliette vittimiste con scritto «why always me?» (perché sempre io?) come quella che ha mostrato ieri dopo avere segnato una doppietta trascinando il Manchester City alla vittoria a valanga nel derby con lo United. Ascolti quanti le vogliono bene: la pianti. (Gian Antonio Stella, Corriere della sera, 24 ottobre 2011, p. 38). Tutti a caccia di Balotelli. Quando nel tardo pomeriggio SuperMario non era ancora arrivato a Coverciano e il suo faccione non si era palesato nemmeno alla festa in piazza del Manchester City neo-campione d’Inghilterra, si pensava all’ennesima «balotellata». (Marco Guidi, Giornale.it, 15 maggio 2012). Derivato dal nome proprio (Mario) Balotelli con l’aggiunta del suffisso -ata1. Già attestato nella Repubblica dell’11 agosto 2010, p. 49, Sport (Emanuele Gamba).” Da http://www.treccani.it/

[5] ASL è l’acronimo di Age, Sex e Location; si tratta di uno slang della lingua del web utilizzato nelle chat per informarmi riguardo la persona con cui si sta interagendo. Età, sesso e luogo di provenienza sono davvero ciò che mi identificano?