Incontro con Moussa Kande.
18/10/2022Incontro con Moussa Kande.
Il pomeriggio autunnale è quello fatto di foglie, di sole, di vento e di pallone, un sorriso di luce e incontro senza fine.
La sera cade sui tigli stanchi di tempo, che iniziano a perdere le foglie, a essere desiderio inviolabile di un niente vicino.
Incontro così, seduto su una panchina del centro, Moussa Kande, abile giocatore senegalese dell’Edelweiss.
Apre piano piano il suo essere ai miei occhi, come un libro che si scopre lentamente pagina dopo pagina, con la pazienza e la responsabilità di chi riesce ad arrivare alla fine.
Insieme a noi anche Davide Pini, compagno di squadra, amico sincero di Moussa che vuole a tutti i costi partecipare all’intervista.
Simbolo di un legame inscindibile tra i due.
Raccontami il tuo percorso sportivo
Beh, è molto semplice la questione…
L’Edelweiss è la mia prima squadra italiana. Ho giocato in Senegal, ma qui fino ad adesso non avevo mai avuto l’opportunità di farlo in una società vera e propria.
Ho sempre praticato il cacio sui prati, con gli amici.
Come hai vissuto, quindi, a livello emotivo e sportivo questo passaggio di livello?
Molto bene.
Non c’è niente che mi spaventi o preoccupi, sento solo la necessità e la bellezza di correre dietro a un pallone, di relazionarmi con i compagni, di poter sviluppare le capacità mettendomi alla prova.
Questo lo trovo meraviglioso e regala ogni mattina il sorriso.
Qual è il tuo rapporto con mister Mulazzi?
Molto positivo.
Mi piace tutto di lui: come ci considera, come allena.
Si comporta bene con noi, ci tratta con generosità e amicizia.
Però ho un ottimo rapporto anche con Salvatore Palazzo, il dirigente.
Come sei arrivato all’Edelweiss?
È stato proprio Salvatore Palazzo a farmi conoscere questa realtà. Un giorno mi ha visto giocare nel campo vicino alla Faustina insieme a degli amici africani e mi ha da subito desiderato nella sua squadra.
Era rimasto profondamente colpito dal mio modo di gestire il pallone e di correre.
Abbiamo iniziato così sia io che Ellubebe Samba
Non so se hai presente…
Eccome! L’ho intervistato… invece quali sono i compagni con cui hai più legato?
Praticamente con tutti, ma ti cito quelli con cui ho un rapporto più profondo e speciale: Gaudenzi, Davide Pini, Samba e Malik.
Li ammiro molto per le loro capacità tecniche e per la grinta che hanno per tutti i novanta minuti di gioco.
Quali sono le tue miglior qualità?
Sono forte a tirare le punizioni, a fare i dribbling, a dominare il pallone.
Adoro giocare in attacco.
Sono aggressivo e mi faccio valere, quando voglio.
Per ora il mio ruolo è centrocampista, però sono in grado di spostarmi senza problemi.
In cosa vorresti migliorare invece?
Nella corsa e nella presenza costante agli allenamenti.
Spesso, infatti, non riesco a prendervi parte per via degli orari rigidi al lavoro.
Mi racconti il Senegal?
Io sono nato in un villaggio: Medina Ibrahima Diallo.
Un piccolo paesino rurale, dove da piccolo lavoravo insieme ai miei genitori nei campi.
La vita trascorreva tranquillamente nella pace e nella calma della mia infanzia.
Lì, c’è anche un lago fantastico dove ero solito andare a fare il bagno
All’età di otto anni, purtroppo mi sono spostato a Saint Louis, a 250 km da Dakar, per studiare in una scuola coranica.
Come mai dici purtroppo?
Non amo le città grandi, troppe problematiche…
Capisco… e poi cosa è successo?
Sono arrivato in Italia nel 2015, da solo.
Dopo due anni mi sono trasferito in Spagna per un periodo per poi giungere nuovamente a Lodi.
Tornato ho trovato alloggio sotto al ponte dell’Adda insieme a tanti che, come me, speravano in un futuro migliore e non l’avevano ancora trovato.
Quante volte abbiamo dovuto sgomberare.
Lì sotto, dicevano, non si poteva stare. Ma noi dove saremmo dovuti andare? Quella era la nostra casa.
Dopo un po’ sono entrato nel circuito Caritas, mi hanno inserito in un progetto di Housing solidale dove ancora adesso vivo.
Sono stato accolto da una famiglia generosa e sensibile che mi sta aiutando nel percorso di crescita interiore.
So che sono anche tuoi amici tra l’altro… Tatiana e Isacco!
Ma dai… proprio loro! Hai altre passioni oltre al pallone?
Mi piace uscire con gli amici, scherzare con loro, divertirmi.
Senti, ma qual è il momento che preferisci tra tutti quelli che scandiscono la tua vita da calciatore?
Amo molto stare con i compagni.
Non sopporto quando si litiga per delle incomprensioni inutili.
A parer mio una squadra deve essere unita in ogni momento, nel bene e nel male, riuscire a rispondere alla rabbia con un abbraccio.
Vorrei sempre vincere, mi rendo conto che questo non sia possibile, però provarci tutti insieme è già una grande conquista.
Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?
Voglio avere una vita tranquilla, senza problemi.
Trascorrere le giornate con chi mi vuole bene ed evitare ogni tipo di lite.
Ma, ovviamente, come non dirtelo? Vorrei continuare a giocare a calcio…
Un sogno che si fa realtà giorno dopo giorno, nella concretezza di una storia che continua a tenerci in bilico sul filo delle possibilità.
Moussa è un giocoliere del destino, uno che ci sa fare con i piedi, ma anche con le parole, che tratteggia speranze e tira fuori dal cassetto dei ricordi le emozioni più sincere dell’Io.
Eccola la vita trascendente, che in un pomeriggio autunnale, scaccia via la tristezza di un tempo materialmente determinista e meccanicista e ritrova il finalismo della trascendenza negli angoli sconosciuti dell’esistere.
Ecco la magia del pallone, che tesse relazioni, incontri, racconti senza fine.
Che permette di alzare lo sguardo e osservare il cielo, limpido all’orizzonte, pulito, con le nuvole appese sui fili del sole.
17/10/2022
Ermanno Merlo