Ladji

Ladji

19/04/2023 Off Di ermanno merlo

Ci sono emozioni che rimangono impresse nell’anima, che si conservano nel diario della vita. Ancora prima di essere assaporate profondamente del tutto, ancora quando si lasciano scivolare sulle strade del cuore.

Altre che in modo impercettibile, come illusioni si aggrappano fragili al nostro sentire e aprono lo sguardo profondo sull’essere sociale, sulle consapevolezze delle opportunità.

In questa domenica pomeriggio di primavera, il sole si sdraia su un cielo cristallino e allontana qualsiasi sogno di nuvola il vento che si appoggia scivolando tra le foglie degli alberi in fiore, spingendosi sui volti delle persone, tra i loro sorrisi e speranze.

Nella primavera quest’oggi c’è anche e soprattutto Ladji Sanogo del Borghetto Dilettantistica con cui faccio quattro chiacchiere nel post partita e che mi dedica uno sguardo sulla sua vita di ragazzo ivoriano.

Classe 1989 ancora insegue il pallone, correndo più che mai e ingannando gli avversari con i giochi delle gambe, sottili come due grissini lunghi e appena sfornati.

Il gioco di Sanogo quando s’impegna è formidabile e i suoi compagni lo sanno, incitandolo spesso quindi a non lasciarsi andare a discussioni sterili sul campo.

Vista dalla tribuna sembra una persona di quelle suscettibili, dure e introverse, ma quando da vicino gli si stringono le mani, tra un sorriso umile, si riconosce in lui una profondità spirituale e di vita.

Sa accogliere l’altro con gli occhi densi e con le parole che, una dopo l’altra, si raccolgono nel tempo come frammenti indelebili di vita, come sguardo sul futuro incerto, appeso tra l’attesa del nuovo giorno.

Capelli corti, sguardo penetrante e un sorriso che racconta del tempo che passa e delle prospettive del pallone.

Il calcio come potenza salvifica e carica emotiva <<Il Borghetto per me è una società importante – racconta – dove sono cresciuto come giocatore e soprattutto come persona. Ogni partita cerchiamo sempre di dare il massimo, anche quando c’è da lottare a denti stretti fino alla fine. Mi trovo qui da due anni e devo dire che, anche se quest’anno ho cambiato spesso ruolo, non posso rammaricarmi niente. Vedremo la stagione che sta per arrivare>>.

Domenica prossima c’è il Fissiraga e la classifica parla di qualche punto di distacco, ma tutte e due sono a rischio Plau Out <<sarà una partita dura, non lo nego, però sono convinto ci prepareremo come facciamo sempre ogni settimana e daremo del nostro meglio>>.

Ladji arriva da una esperienza alla Pro Piacenza dove ha fatto le giovanili, successivamente si è fermato e poi ha ripreso al Borghetto da due anni, grazie a un amico che gli ha consigliato di venire a provare.

Una scelta che sta portando bene a lui e alla società.

<<Sono un giocatore a cui piace proprio lottare, andare su ogni pallone, ritrovarmi a fare l’uno contro uno e ingannare l’avversario con i giochi prospettici dei piedi, anche se qualche volta non riesco sempre a essere al meglio della forma, però capita. Questo è anche il calcio>>

Ancora <<vorrei migliorarmi, penso di dover calciare di più in porta, mantenere la posizione e migliorare in alcune azioni per aiutare di più i compagni e poi… dovresti chiedere al mister!>>

Scherza, portandosi dietro i sorriso dei gli atleti che lo aspettano per festeggiare.

<<Cosa stai dicendo la Divina Commedia?>> gli chiedono e lui li guarda stupito e ride di gusto, come se Dante fosse tornato da lontano, chissà poi perché, a parlare di pallone.

Ma è anche giusto scherzare sulla poesia che qualche volta è di troppo. Non lo sono i ricordi e quelli piano piano si fanno strada tra le parole <<Vengo dalla Costa d’Avorio precisamente dalla capitale Abidjan, dove sono nato. Qui in Italia mi trovo bene – racconta – ma la cosa che amo di più della mia terra è il cibo… provare per credere! Poi ci sono le montagne, il mare e il sole che scalda la vita. Si vive in un’altra dimensione, dove ogni attimo è puro e non ci si perde nella frenesia vuota. Dovresti venire una volta…”

Eh sì dovrei andare, ma ci sono cose che quando le aspetti non arrivano mai o forse stanno semplicemente maturando e quando meno sembra il momento saltano fuori, scaldando il cuore e gli occhi di meraviglia.

È l’incantesimo della vita che Ladji, raccontando della Costa d’Avorio,  riassume bene, senza perdere di vista il filo conduttore: quello del calcio che continua a essere una costante nel suo di percorso umano <<la mia carriera sportiva è stata colma di persone che hanno saputo accompagnarmi, prendermi per mano, tenere vivo il fuoco della passione. Ricordo per esempio l’allenatore che avevo negli allievi.>>

Sul futuro, che resta sempre incerto Ladji per affrontarlo ha la sua strategia <<Io vivo una giornata alla volta, cercando di non andare troppo in là, ma speriamo dai>>.

Chissà potrebbe essere quella giusta, da fare invidia a Orazio, al suo Carpe Diem e ai poeti latini che tanto scrivevano sulla caducità del tempo e sull’ineluttabilità dell’esistere.

E invece basterebbe solo lasciare correre e vivere, così come Vasco Brondi e le sue Luci della Centrale Elettrica che ritornano in mente Non c’è niente da dire, niente da spiegare , niente da capire, c’è solo da esistere e da lasciare correre.

Ed è il nostro destino anche quando tutto sembra impossibile, anche quando nel cuore si delineano gli attimi più vivi della malinconia senza ritorno.

Possiamo addolcire il tempo, regalarci al sorriso con il calcio, con le parole o con tutto quello che in questa finitudine ci spinge verso la conoscenza della spiritualità, ci conduce al di là.

Senza esitare un secondo, come insegna Ladji, che resta, negli attimi confusi dell’esistenza un grande calciatore, uno che arriva dove deve arrivare, che tratteggia nel tempo la profonda linea indelebile del vivere.