marco corbellini

marco corbellini

31/05/2020 Off Di Eugenio Lombardo

Parla il capitano del Crespiatica.

Marco Corbellini è a pieno titolo il giocatore simbolo del Crespiatica: simboleggia lo spirito battagliero della squadra, le ambizioni della società, il forte legame con il paese, lui che è proprio originario del luogo.

Sempre educato,mai banale, persino controcorrente rispetto a certi stereotipi, la nostra chiacchierata è risulta sinceramente arricchita dalle sue riflessioni.

Marco, il legame con il tuo Crespiatica è granitico, anche se nel calcio tutto può succedere…

“Ho un’età (27 anni, ndr) in cui oggi guardo alle prospettive più concrete: completare i miei studi universitari, trovare un lavoro, e divertirmi con il pallone. Oggi sì, direi Crespiatica a vita!”

Cosa studi?

“Ingegneria Meccanica al Politecnico di Milano.”

Al Crespiatica hai cominciato da bambino.

“Infatti. Poi, siccome a quel tempo non c’erano le formazioni intermedie giovanili, mi sono spostato: prima a Caravaggio, poi a Pizzighettone, quindi a Rivolta d’Adda, ma giunto ai 20 anni volevo non allontanarmi troppo da dove abito: il Crespiatica mi ha dato la possibilità di tornare a giocare a casa.”

Hai giocato, dunque, in tre province: Lodi, Bergamo, Cremona. Ci sono differenze e come si approccia il calcio tra queste tre realtà?  

“L’esperienza più significativa l’ho vissuta a Rivolta d’Adda: eravamo nel girone con le compagini bergamasche, e quelle sfide erano durissime: incontravamo squadre molto fisiche, preparate tecnicamente, davvero forti. Nel bergamasco il blasone dell’Atalanta coinvolge praticamente tutte le formazioni calcistiche del territorio. Anche a Pizzighettone ho vissuto una stagione singolare.”

In che campionato giocavi?

“Negli Allievi ma nel girone con Inter, Milan, Atalanta, e lì incontravi giocatori che puntavano al grande calcio, e la preparazione atletica era formidabile, d’altra parte quelle sono realtà che puntano a preparare un calciatore sin da quando è bambino.”

Come è stato il ritorno a casa rispetto a palcoscenici della ribalta che anche tu potevi sognare?

“Ho cercato subito nuovi stimoli, trovandoli: giocare per il tuo paese è una sensazione forte. Tra l’altro tra squadra e paese, rispetto al passato, il legame è oggi intenso: siamo radicati, un tutt’uno tra squadra, oratorio, gente del posto. Molti ragazzi di qui che prima giocavano altrove, sono tornati nelle nostre fila: c’è una sorta di comprensibile orgoglio dell’appartenenza. ”

Due anni fa eravate state promossi in Seconda, poi l’immediato ritorno in Terza. Più esaltante la promozione o più sconcertante la retrocessione?

“Direi la seconda, senza dubbio: quella retrocessione è stata brutta. Perché avevamo costruito un progetto per mantenere la categoria nel tempo, e invece abbiamo preso atto che il nostro obiettivo era fallito.”

Perché?

“Tutt’ora non so farmene una ragione, e non so se avrò mai una risposta da dare.”

Di quella squadra ricordo con piacere Modhu, un giocatore di colore che mi aveva molto impressionato.

“Lui ha caratteristiche particolari, è velocissimo con la palla al piede, ma sa anche coprire e da l’anima per la squadra. Avrebbe meritato qualche categoria in più.”

Dove gioca adesso?

“Si era trasferito sul piacentino, mi pare, ne abbiamo perso le tracce.”

Quest’anno il Crespiatica stava convincendo, i paly off erano alla vostra portata.

“Eravamo nel girone della corazzata Zelo Buon Persico, non c’era storia con questa rivale. Ma per i play off noi potevamo essere la squadra più accreditata.”

In squadra hai un compagno speciale, il tuo fratello gemello Matteo. Com’è il rapporto con lui e cosa gli ruberesti?

“Ho un’intesa straordinaria con il mio gemello, sul campo come nella vita. E inevitabilmente parliamo spessissimo di calcio. Mattteo ha senz’alcun dubbio maggiore fiuto del gol rispetto a me, e pure una determinazione superiore.”

Cosa ha apportato mister Danilo Adami a questa squadra?

“Mister Adami insegna alle proprie squadre a giocare a calcio, non si butta via niente, palla a terra e geometrie organizzate. Per i nostri giovani è stata una figura direi determinante.”

A chi lo paragoneresti dei grandi allenatore?

“E’ uno come Allegri: preciso, tatticamente sempre lucido, con una straordinaria capacità di osservazione.”

Quando si potrà tornare a giocare secondo te?

“Ci vuole prudenza, il Coronavirus è stato devastante. Conosciamo impianti e strutture del calcio dilettantistico territoriale, e mi chiedo come si farà a sanificare quotidianamente ambienti che ospitano gruppi sportivi dai Piccoli Amici alla Prima squadra. Azzardo un’ipotesi: settembre ma del 2021.”

C’è una figura di quest’ambiente a cui senti di dovere dire grazie?

“Un nostro dirigente, Alessandro Doi, che ho avuto anche come allenatore nel passato. E’ stato un costante riferimento, con la capacità di tenere sempre sott’occhio noi ragazzi. Con lui è sempre possibile parlare ed aprirsi.”