marco galbiati

marco galbiati

21/08/2020 Off Di Gabriele Beccaria

Intervista a Marco Galbiati di Gabriele Beccaria

A chi bazzica nel calcio lodigiano ed i suoi spogliatoi, a chi si intrattiene sugli spalti o affacciato alle reti durante le partite domenicali, a chi sopporta fermo la nebbia invernale, immobile l’afa estiva, ma anche a chi calpesta sempre lo stesso prato verde, non sarà di certo estraneo il nome di Marco Galbiati. Una buona dozzina d’anni alla guida offensiva della Nuova Lodi -suo intimo e vivido amore- non sembra aver scalfito il fisico del bomber autoctono. Arresosi però durante l’ultima stagione ai dolori d’una lussazione recidiva, è pronto a rivivere e ricordare la sua carriera col sorriso e la consapevolezza di chi sa di avere dato tutto allo sport che ama…

Forte e chiaro si intendono due cose dalle prime frasi di Marco: giallo e rosso sono i due colori che battono nel suo cuore, e sempre due sono le parole del nome della squadra cui giurò fedeltà fin dai primi calci: Nuova Lodi. Le prime domande riguardano la sua lunga carriera, e le aspettative che mi ero costruito non sono state deluse: soddisfazioni, amarezze, gol, rivincite, sacrifici, ritorni, sbagli e sfortuna. Mi sfrego le mani.

Fanfulla, Brembio, Azzurra, Rugby ed Erasmus sono le cinque situazioni che, in gioventù, hanno attentato alla carriera bicolore di Marco, che l’hanno messa in discussione ed in bilico tra stop forzati e scelte sbagliate, ma mai e poi mai hanno cancellato dalla sua testa l’idea di rivestire quella maglia, che molto più di altre lo ha fatto divertire ed appartenere. “Eravamo tutti ragazzi di quartiere, – spiega Marco – ed era questo sia il bello che la nostra forza: in campo lottavamo e ci aiutavamo mettendo la grinta laddove non ci arrivavamo con il resto”.

Degne di pellicole motivazionali, questa ed altre frasi sono uscite dalle riflessioni di Marco senza la benché minima impressione di risultare alle mie orecchie mielose o, peggio ancora, scontate. Nitido si comprende l’orgoglio privilegiato -in accezione quanto mai così positiva- e segnato da una cosciente fortuna di trovarsi, alla Nuova Lodi, in un ambiente tanto amichevole e socievole da divenire quasi famigliare.

È sullo sfondo di questa società – che non smetterà mai di lodare e ringraziare durante tutta l’intervista – che nasce e cresce il Marco calciatore. Il suo ruolo è la punta, la punta alla vecchia maniera: “Facevo la boa, spizzavo, lottavo coi difensori avversari, proteggevo palle e cercavo di servire il mio partner d’attacco (Giorgio Dallagiovanna)… è lui che faceva i gol, io il lavoro sporco”.

Va fiero, Marco Galbiati, dei suoi gol ma ancor di più, come si capisce dalle sue parole, del suo apporto fisico e mentale più che realizzativo. Una coppia d’attacco che portò la Nuova Lodi del 2011, allenata da Giampiero Scotti (allenatore allora, dirigente ora), alla finale dei playoff per salire in Seconda categoria, purtroppo, alla fine, persa.

Ma è la semifinale contro l’Azzurra che rimarrà nei ricordi di Marco:” La Dossenina era piena e un derby è sempre un derby. Punteggio tirato, tensione alta, noi costretti a vincere. Fui io a segnare il primo dei tre gol che ci assicurarono la vittoria e l’accesso alla finale. Indescrivibile!”. Quella finale persa venne poi vendicata nel 2016 con la storica salita in Seconda e con la squadra che, stavolta allenata da Marco Milani, si apprestò a battere in finale per 4-1 il San Fiorano. Questa l’altra grande soddisfazione provata dal Nostro, che non manca però di rivangare una più recente ferita. “In seguito alla festa per la promozione e il successivo salvataggio all’ultima giornata della stagione, anno dopo anno molti dei miei compagni si spostarono al Mairago. Sicuramente per buoni motivi hanno fatto questa scelta, e io auguro loro il meglio, ma qualcosa nello spogliatoio si perse, e fu inevitabile. Si sta tutt’ora perdendo”. Un dispiacere più sportivo che amicale, visto che è rimasto in buonissimi rapporti con tutti, ma che ha lasciato in Marco una ferita di appartenenza (sempre meglio chiarire che fu verso quella squadra, non verso Nuova Lodi). Accerta poi come sia accesa la sua volontà di aiutare, sostenere e consigliare squadra e società, perché:” È difficile cancellare una passione come la mia”.

Veniamo quindi al presente, allo stop e alle sue riflessioni in merito. “Una doppia lussazione alla spalla mi ha impedito di continuare a giocare. Ci sono cose più importanti come salute, famiglia e lavoro che mi hanno fatto dire ‘basta’ al calcio giocato”. Queste le parole di Marco sul tanto sofferto addio al suo sport, al quale ha, sì, giustamente riconosciuto una dimensione sportiva e ludica importante, ma no, non così grande da poterlo distogliere o farlo gravare sulla famiglia che da più di un anno ha accolto Giorgio, il primogenito. Si ritiene però fortunato nell’aver capito di come la sua decisione sia potuta arrivare nel periodo giusto: un periodo certamente difficile per tutti, ma che per il suo allontanamento dal campo è stato manna dal cielo: “Devo dire che la forzata quarantena mi ha permesso di riflettere a fondo sulla mia scelta, aiutandomi gradualmente a capire di come fosse stata quella giusta e favorendo il mio distaccamento, almeno sportivo, dal pallone” avvenuto, infatti, giusto un paio di mesi prima. La pausa invernale prima e il lockdown poi, hanno reso quello che sarebbe stato un trauma, una concussione meno forte e più dilatata.

“Ha aiutato non solo me” aggiunge, “ma anche la squadra, che era ai Playout, e la dirigenza, dando tempo a tutti di poter gettare le basi per la prossima stagione”. Oltre a Marco, infatti, hanno deciso di lasciare appese le scarpe al chiodo, anche altri due giocatori storici degli ultimi 10 anni: il portiere Davide De Santis e il simbiotico compagno di reparto Dallagiovanna, decretando, a tutti gli effetti, la fine di un’era.

Quando posto di fronte alla domanda, col senno di poi scontata, riguardante la possibile futura carriera del figlio:” Nuova Lodi al 100%” fu la, scontata anch’essa, risposta del papà. Una fiducia e una voglia di vedere i primi passi calcistici del figlio si palesano dalle sue parole. Parole che andranno poi a riferirsi alla dirigenza e alla squadra, auspicanti ad un futuro radioso. A Gianluca Lodigiani, che diventerà capitano della prima squadra, a Marco Milani, futuro mister della Laudense, e Dallagiovanna che lo aiuterà, a mister Ponzellini, suo ultimo allenatore alla Nuova Lodi, e al Mairago in generale vanno i suoi auguri, ulteriore sintomo di spiccata umiltà e sereno congedo dall’ambiente Nuova Lodi e non. Se ne esce così un altro protagonista del calcio nostrano, figura allettante di chi mostra passione ed attaccamento, orgoglio e umiltà: bravo Marco Galbiati.

gabriele beccaria