Non c’è nulla che non mi piaccia del calcio

Non c’è nulla che non mi piaccia del calcio

10/07/2022 Off Di ermanno merlo

Samba Mbaye, “Non c’è nulla che non mi piaccia del calcio”.

di Ermanno Merlo

Quando sorride non mi sciolgo solo io, ma tutti quelli che stanno con lui.

Quando sorride l’umanità smette di piangere e per un attimo le lacrime diventano stelle incastonate nel firmamento, infinito.

È Samba Mbaye, senegalese, classe 1996, che ha questo potere straordinario.

Non solo questo, per fortuna.

Samba, vive a Zelo Buon Persico con Mamma Adama, Papà Massaer e tre fratelli Ibou, Sussu e Momo, ai quali è molto legato.

È capace con qualche parola di trovare in modo chiaro una chiave di lettura delle situazioni, delle persone, delle anime che condividono emozioni.

Non passa inosservato e incontrare il calciatore è una fortuna, una di quelle che la vita regala una volta sola e che bisogna tenersi stretta.

Ciao Samba, riassumiamo il tuo percorso sportivo?

 Ho iniziato negli Eagles a Mulazzano.

Questa realtà è poi diventata il Real QCM.

Ho trascorso lì tutte le giovanili, fino a essere promosso in prima squadra.

Poi ho fatto due scontri di Play off per la promozione, ricordo di aver battuto addirittura il Montanaso e così sono passato per qualche anno in Promozione.

Poi dopo un po’ di tempo sono sceso di categoria, prima all’Oriese, poi a Montanaso e infine a Lodi Vecchio, dove ho appena concluso la stagione.

Ora non so ancora dove andrò a giocare, sono sempre stato una persona con la voglia di migliorare, vorrei quindi trovare un gruppo sportivo che mi dia questa possibilità.

Sicuramente ho appreso parecchio anche al Lodivecchio, non posso negarlo.

E’ andata come è andata, però è stato un anno divertente.

Siamo stati una squadra unita fino alla fine, non abbiamo mai mollato.

Infatti, per esempio, dopo l’allenamento che durava sempre due ore, alcuni di noi rimanevano fuori dagli spogliatoi per parlare.

Ci confrontavamo, discutevamo sulle difficoltà e sulle cose che avremmo potuto migliorare.

Era un arricchimento reciproco.

E’ giusto che sia finita così, alla fine nel calcio non sei da solo, ci sono tante altre squadre.

Credi che il calcio abbia favorito il tuo processo d’integrazione?

 Sì; grazie al calcio ho moltissimi amici e persone che mi vogliono bene.

Questo sport mi ha aiutato a superare difficoltà notevoli.

E’ stato mio papà a trasmettermi la passione e devo ringraziarlo. Non solo lui, certo, anche i miei zii.

Insieme mi hanno insegnato cosa sia il divertimento e la dedizione, due caratteristiche che, purtroppo, molto spesso vengono dimenticate e che invece secondo me sono gli ingredienti principali per essere un buon giocatore.

Lo sport è qualcosa di meraviglioso: riesce a unire.

Nel calcio infatti ci sono persone di varie etnie e culture.

Nessuna differenza, lo scopo è uno solo: lottare tutti insieme per vincere.

Personalmente, ho capito molto dell’Italia anche grazie al pallone.

Il fatto che tutti possano praticare questa attività credo sia fantastico.

 Ci sono giocatori che ammiri per le loro capacità?

 Tanti.

Tra tutti: mio fratello Ibou.

Secondo me è fuori categoria.

Ha un carattere difficile, non lo nego, però è il giocatore più forte che io abbia mai visto all’opera.

Ha carisma, una mentalità vincente, crede tanto in se stesso e non ha paura.

Peccato per il suo atteggiamento, non sempre tanto rispettoso.

Se devo dirti un altro nome: Gellera.

Quest’anno giocava nell’Oriese, ma io l’ho conosciuto quando era con me al Real QCM.

Ricordo mi prese subito sotto la sua ala, mi accolse e mi fece sentire parte di un gruppo.

Questo per me fu molto importante, quindi senza togliere nulla agli altri, ma una menzione speciale va proprio a lui.

E poi…

Chi altri?

 Marco Sesto, che ho avuto nel Real Qcm.  Per il suo carisma, il suo modo di essere leader silenzioso sul campo. Era il suo ultimo ano di gioco, ma correva, non perdeva mai il pallone

 Cosa ti piace del calcio?

 Faccio prima a dire: non c’è niente che non mi piaccia.

Sia le vittorie che le sconfitte credo che siano formative.

Infatti, se il risultato di una partita è funesto, il giorno successivo sono già in campo ad allenarmi per cercare di fare di meglio e tirare fuori tutte le energie.

C’è stato un tempo in cui nessuno mi avrebbe dato due euro per vedermi nella sua società, ma adesso sono migliorato anche dal punto di vista fisico.

Un altro aspetto che apprezzo di questo sport, come già ti accennavo, è che riesci a creare una fitta rete di relazioni sociali.

Hai altre passioni oltre al calcio?

 Passioni vere? No.

Ho sempre amato andare a scuola, conoscere, mettermi in gioco.

Alle medie non ero tanto bravo a studiare, poi però ho scoperto la matematica così ho scelto di frequentare il Liceo Scientifico Gandini.

I primi anni sono stati complessi, facevo fatica. Mia mamma infatti mi aveva chiesto se volessi fare qualche ripetizione.

Le ho detto di no.

A me piace trovare una soluzione quando sono in difficoltà, riuscire a mettere in atto varie strategie per risolvere la situazione di disagio.

…in psicologia si chiama Problem Solving, giusto?

 Esattamente.

Voglio sempre cercare di riuscire da solo.

Per questo adoro la matematica.

Non devi studiare molto, una volta che hai le basi devi mettere in campo diverse metodologie per arrivare a un risultato.

Anche in questo caso si tratta di trovare la soluzione a differenti tipi di quesiti.

Prima mi parlavi di tuo fratello Ibou, che rapporto hai con lui?

 Amore e odio ultimamente.

Credo che abbia moltissime doti .

Sono sempre stato abituato a trascorrere il tempo con lui, fin da piccolo.

Ero molto protettivo nei suoi confronti, sempre pronto a difenderlo anche quando era nel torto.

Lo prendevo per mano e andavamo insieme all’oratorio, frequentavamo le stesse compagnie di amici.

Ora siamo cresciuti e chiaramente abbiamo interessi e amici diversi, però quella relazione di affetto e di scambio reciproco è rimasta la stessa.

Oggi, magari, davanti alla gente lo difendo ancora, però quando siamo in casa, da soli, cerco di fargli capire dove ha sbagliato.

Nei suoi occhi vedo la stima che prova nei miei confronti e questo mi fa molto piacere.

E’ in grado di fare qualsiasi cosa, è molto intelligente, a scuola era bravo anche se studiacchiava poco.

Il merito di questo rapporto così bello è dei nostri genitori che, fortunatamente, hanno insegnato lo stesso a Sussu e Momo.

Sappiamo di poter contare gli uni sugli altri.

Giocavi a calcio anche in Senegal?

 In Senegal ho trascorso solo due anni di vita, però adesso ogni volta che torno gioco sempre a calcio.

Lì è amatissimo il pallone.

I miei genitori non hanno mai voluto che perdessi le radici, per questo continuano a portarci.

Credo di essere vissuto sempre con il calcio in testa.

Questo sport per i senegalesi è vita, lo praticano tutti, da dopo la colazione fino a notte fonda, a piedi scalzi sulla sabbia.

La gioia che molti provano nel calciare un pallone è profondamente intrisa di gratitudine senza confini.

Una cosa normale in Senegal, dove ci sono tanti talenti, che purtroppo rimangono nascosti ai più per sempre.

Una frase dice La cura del cancro è nella testa di uno che non può permettersi gli studi.

Il sogno sarebbe quello di aiutare il mio paese sotto certi punti di vista, per far sì che si possano costruire opportunità di futuro più gratificanti.

Come mai sei venuto in Italia?

 Sono venuto con mia mamma, abbiamo raggiunto mio papà che si trovava qui dal 1989.

Avevo quasi due anni.

Cosa ti piace del Senegal?

 Un po’ tutto.

Gli usi, i costumi, la musica, il cibo.

Ci chiamano i Leoni della Teranga ovvero il paese dell’ospitalità.

Non ci facciamo problemi ad aggiungere un posto a tavola, o ad aprire la porta a chi viene a trovarci, anche senza preavviso.

Per noi accogliere è normale.

Inoltre mi piace molto la vicinanza che hanno le persone senegalesi.

Ci sentiamo una nazione, un paese unito, un unico popolo.

Lo vedi per esempio anche qui in Italia.

Quando cammino per la strada tra senegalesi ci si riconosce subito e allora il saluto arriva naturale, spontaneo.

Non c’è odio tra le persone in Senegal, solo pace e gioia.

Se dovessimo fare un viaggio insieme nel tuo paese cosa mi faresti visitare?

 

Ovviamente Dakar, dove sono nato.

Si sta un po’ occidentalizzando come città, però ci sono tanti angoli nascosti e luoghi anche meno turistici che ti potrei far vedere.

Parteciperei volentieri con te a varie feste e celebrazioni religiose.

Mi piacerebbe farti osservare come intendiamo la religione musulmana.

Purtroppo molti in Italia la identificano negativamente con l’Isis.

Lo capisco, se le persone non conoscono si spaventano, ma appena la curiosità sconfigge il muro del pregiudizio si aprono parentesi spirituali meravigliose, si viene a conoscenza di realtà che nessuno avrebbe mai immaginato.

Basta leggere il Corano per capirlo.

Grazie alla religione, infatti, lì le persone che non hanno niente riescono a essere felici; quel niente che hanno gli basta.

Inoltre ti farei mangiare moltissimo.

In realtà è una cosa che possiamo fare anche qui, un giorno ti invito a mangiare a casa mia, mia mamma è una cuoca provetta!

Sarebbe meraviglioso Samba! …Come ti vedi nel futuro?

 Non è una cosa che mi sono mai chiesto.

Solo Allah sa cosa posso diventare.

L’impegno non manca.

Ho tanti sogni che non abbandono.

Non ho mai mollato, anche se ci metto più tempo degli altri per raggiungere gli obiettivi.

Spero di non perdere mai questo aspetto del mio carattere, questa determinazione che mi contraddistingue.

Sicuramente voglio finire gli studi universitari che avevo interrotto tempo fa per un momento di difficoltà.

Adesso ho anche un lavoro che mi ha aiutato a diventare la persona che sono.

Per quanto riguarda l’ambito calcistico credo nelle mie capacità, sono molto resiliente e voglio trovare un luogo in cui farle emergere ancora di più.

Le basi ci sono: ho una famiglia che mi vuole bene, persone che credono in me e mi sostengono da cui traggo tanta felicità.

Non posso tradire quelli che credono nelle mie potenzialità.

Inoltre, come già ti avevo detto, spero di poter fare qualcosa anche nella politica senegalese.

Al fine di aiutare chi non ha voce.

Ho imparato tanto nei paesi europei (qualche volta infatti i miei connazionali per scherzare mi dicono che sono italiano) e vorrei portarlo in Senegal.

Tutto quello che sto facendo ora mi servirà poi per il futuro.

Credo tanto in me, poi quello che arriverà lo prenderò così.

Al collo una medaglietta di Serin Fallu.

<<E’ il mio portafortuna, in Senegal c’è una grande moschea a lui dedicata, dove molti vanno a fare anche i pellegrinaggi.

Mi dà sicurezza. So che, con questa al collo, riuscirò a superare qualsiasi difficoltà.

Finché è con me sono sereno>>.

Samba non è solo un semplice amico, ma una persona su cui contare, un ragazzo che con coraggio e grinta affronta le sfide della vita, si fa strada nel futuro.

Abbiamo bisogno di persone come Samba che possano capire gli altri senza bisogno di tanti giri di parole, che riescano a trovare l’essenza delle cose e a raccontare con il cuore in mano storie indimenticabili.

10/07/2022