Quando tua figlia diventa calciatrice
06/07/2021di Scrofani Martina
È un pomeriggio di inizio primavera, la Primavera 2021, non una qualunque…Ciò significa che è il periodo delle “riaperture”, simbolicamente della rinascita; ed il periodo, per noi mamme di bambini in età scolare, di respiro, per la ripresa delle attività sportive..(finalmente!!!) dopo il lunghissimo stop per motivi noti a tutti.
Mi trovo insieme alle mie due bambine (10 e 6 anni) al solito parco che, se non ci fosse in questo periodo, bisognerebbe inventarlo, e durante una pausa merenda chiedo loro quale sport vorrebbero provare.
Senza troppo esitare la più piccola risponde che vorrebbe proseguire danza, interrotta a dicembre. Nulla di nuovo. La figlia più grande invece, per natura più riflessiva, ci pensa qualche secondo in più, osserva i suoi compagni al di là della siepe che giocano a calcio esultando come fosse la finale di campionato, e poi risponde: “Mamma, vorrei andare a scuola di calcio!”.
Istintivamente mi scappa una fragorosa risata poi, percependo la serietà dell’affermazione della bambina, incredula la guardo bene e le chiedo: “Ma davvero?!”. Non so perché mi sia stupita così tanto, io che credevo di essere aperta, moderna, io che in fondo ho sempre insegnato alle mie figlie che le principesse deboli e svenevoli in cerca del principe che le salvasse fossero roba da film, da cartone animato, che le “femmine” possono fare tutto quello che fanno i maschi ed anche di più…mi sono ritrovata spiazzata. Rispondo in modo frettoloso che sì, avrebbero potuto provare ciò che desideravano ma nella mia mente qualcosa comincia a frullare, sono turbata… “Si farà male?” penso, “la prenderanno in giro?”, “Sarà esclusa dalle sue compagne?”.
Nei giorni successivi, vista anche l’urgenza di trovare qualcosa di diverso da fare, qualcosa che le tenesse impegnate dopo la scuola, comincio ad “interrogare” Ginevra come fosse una candidata alla maturità. Le chiedo come mai volesse approcciarsi proprio a quello sport, da quando le era nato quel desiderio, e soprattutto se qualcuno l’avesse influenzata in qualche modo. Con fare seccato e con aria risoluta, Ginevra mi risponde che guardando i suoi compagni giocare e avendo provato anche lei a calciare la palla durante l’intervallo a scuola, aveva percepito una sensazione di libertà e divertimento che l’avevano convinta a voler giocare a calcio.
“Poi mamma”, prosegue la bambina: “Tu mi hai detto che posso fare tutto quello che voglio…vorresti che io giocassi sempre a pallavolo come fanno le mie compagne?! Io mi annoio…”.
Complimenti figlia mia, a soli 10 anni hai fatto sì che crollasse in me l’ultimo retaggio culturale legato agli anni 80’/90’ (periodo che ho vissuto da bambina), hai asfaltato quelle inconsce convinzioni che credevo non esistessero in me: (il calcio giocato è per maschi!). Perchè le donne, sono in grado di diventare comandanti di missioni spaziali, di ricevere premi Nobel, di essere dirigenti ma anche e senza dubbio, possono essere campionesse di pugilato (Irma Testa), di pallanuoto(Giusy Malato), di calcio, diventare allenatrici di squadre maschili (Carolina Morace), giocare a rugby(Manuela Furlan),superare record in apnea (Alessia Zecchini) ed eccellere quindi nelle discipline ancora da troppi considerate “maschili”.
Da pochi mesi, con grande entusiasmo e caparbietà, Ginevra si allena nella squadra dei pulcini del nostro paese, Massalengo, insieme ai suoi compagni di classe e ad altre due bambine.
Chi scrive è fiera, non solo della figlia, ma anche orgogliosa perché finalmente dagli spalti, assistendo agli allenamenti, può rispondere ai papà ed alle mamme che le chiedono: “Ma tu cosa ci fai qui? Ginevra guarda i suoi compagni giocare?””; “No, Ginevra sta giocando!”.
Non è mia intenzione fare retorica o cadere, visti i tempi, nel più banale femminismo. Lo sport che per etimologia significa svago e divertimento, è l’attività più antica praticata da ogni popolo, in ogni tempo, quindi ritenuta fondamentale per la vita sociale, per la salute fisica e mentale.
Qualunque tipo di sport, ed oggi possiamo ben dirlo, deve essere praticato da chiunque lo desideri senza distinzione alcuna. Potrei a questo punto lanciarmi in un accorato appello rivolto alle mamme di figlie femmine come me, incoraggiandole a non avere remore, stimolando le proprie figlie a superare quelli che, forse sono i nostri, limiti mentali ..potrei, ma non lo farò.
Martina Scrofani
06/07/2021