Scarpette al chiodo
08/10/2021Il contrappasso del pallone
Ventidue anni, e carriera finita.
Le caviglie hanno smesso di chiedere pietà quando il peroneo astragalico anteriore, un confuso accrocco di consonanti, ha deciso di stracciarsi. Perché se tanto più solido e lungo è il nome del legamento sui libri di anatomia, tanto più è fragile sul prato e maledetto fuori da esso. Chiedono il conto di un peso d’autore, il saldo di un curriculum di bassa lega; ma sincera ed impegnata, sia chiaro. Ed io per pagarlo non posso che ascoltare i dottori sbrodolarmi addosso parole mediche incastrate in frasi che non riescono ad allontanarsi da un amatoriale fatalismo, prendere le loro parole con funambolica resa, ignare nell’informare un giovane ormai galoppante nella retorica degli infortuni.
Le operazioni e gli interventi si potrebbero certamente fare.
Ciò che non si può più fare è il ritornare ad essere al 100%.
Ciò che non voglio più fare è il dover riprovare la paura che ti chiama fuori dal campo e che ti fa sentire fuori posto.
Ciò che non devo più fare è il perdere tempo nel poter tornare a rifare tutto da capo.
E poi questo al calcio, io, non lo posso, voglio o devo fare. Presentarmi poco in forma al suo cospetto non s’ha da fare.
Seguono quindi l’addio, le lacrime e il rimorso per la rottura. Ma è quello che succede appena dopo a gonfiare la storia. Pensavo di essermene liberato, suggellando il commiato con un segno della croce dopo aver sfiorato i ciuffi d’erba calcati fin da fanciullo. È a questo punto che ci si accorge del suo contrappasso. Ovviamente gli sto intorno per via del Milan e del fantacalcio, ma è tra queste due sfumature poco sportive che il piacere, più che il bisogno, di scriverne e sviscerarne gli aspetti prende forma e consapevolezza. Più cerca di allontanarmi da sé, più mi avvicina a questo suo crudel taglione. Severo e ieratico nel giudicarlo, ma poi in solluchero e gonfio di tenace ottimismo nel riscoprirmi un tenero gaglioffo di fronte al suo squisito intreccio.
Gabriele Beccaria
07/10/2021