montuoro martina

montuoro martina

06/11/2019 Off Di Ottavia Rancati

Martina Montuoro di Salerano Sul Lambro (LO), classe 1996, è l’attaccante del G.S. Doverese (CR), che disputa il torneo d’Eccellenza. Con la maglia numero 6, Martina è classificata come capocannoniere della sua squadra da Tutto Campo (il portale online del calcio dilettantistico italiano). Cresciuta con i ragazzi correndo dietro al pallone, Martina ha sviluppato una forte determinazione e una formidabile grinta che la rendono un fenomeno del calcio femminile del lodigiano.

Come hai iniziato a giocare a calcio? Chi ti ha trasmesso questa passione? Chi ti ha spronato a continuare?

Già dall’asilo, durante l’intervallo, ci giocavo con i miei amici e sono stati proprio loro a trasmettermi la passione per il pallone. Tuttavia, i miei genitori erano contrari perché era visto come uno sport prettamente maschile, pertanto ho praticato altri sport come karate e nuoto per tentare di togliermi dalla testa il calcio ma a sette anni sono riuscita a vincere la mia battaglia e ho iniziato alla ASD Polisportiva Fulgor Lodi Vecchio (LO). Da quel momento, sono stati i miei genitori a sostenermi e a seguirmi ad ogni trasferta. Sono rimasta nel maschile fino ai 16 anni, ho usato tre proroghe per rimanerci perché del calcio femminile non ne volevo sapere; poi, sono stata ferma due anni perché avevo questo blocco con il femminile. Successivamente mi sono ricreduta sulle donne, più che altro perché mi mancava troppo il calcio, e mi sono iscritta all’ASD Riozzese (MI) per quattro anni; questo è il secondo anno al G.S. Doverese (CR).

Secondo te, cosa ha spinto i tuoi genitori a sostenerti?

Hanno visto che era quella la mia strada ed era ciò che mi rendeva veramente felice. In più, me la cavavo col pallone.

Tra gli amici che ti hanno appassionato, chi ti ricordi?

Simone e Fabio, con cui avevo un solido legame e che condividevano con me questa forte passione. Mi hanno sempre accettato come compagna di squadra, mi rispettavano e mi trattavano alla pari nonostante fossi una ragazza.

Quali sono stati i primi allenatori che hanno creduto in te?

Chi mi è rimasto nel cuore è Enzo, allenatore della Riozzese. È stato colui che ha creduto di più in me e mi ha insegnato moltissimo.

Come mai sei passata dalla Riozzese alla Doverese?

Non ci siamo lasciati serenamente con la Riozzese perché è stata una decisione presa di punto in bianco della società, quella di far accomodare alla porta me e altre nove ragazze della squadra. Per questo non è finita bene, nonostante davo il massimo; siccome con la Riozzese è stata la mia prima esperienza nel femminile, è stato un duro colpo da incassare doversene andare.

Quando hai iniziato nel calcio femminile, cosa ti ha entusiasmato e quali sono state le differenze che hai notato rispetto agli uomini?

Le differenze abissali stanno nel gioco: la grinta, il modo di giocare e di fare dei contrasti decisi. Ero convinta che con le donne non avrei mai ritrovato un atteggiamento di questo tipo, invece mi sono ricreduta. Il gioco è comunque completamente diverso in ragione del fatto che uno può essere grintoso al massimo ma è una cattiveria lontana da quella maschile, specie ai livelli in cui gioco io; in serie A è un altro discorso.

Cosa ne pensi del calcio femminile lodigiano? Quali sono le cose buone e quelle meno buone?

La cosa buona è che le società sono delle piccole realtà, come la Doverese, all’interno delle quali si instaurano dei rapporti intimi tra calciatrici e dirigenti, si crea come un ambiente famigliare; al tempo stesso, si è poco seguiti, non si hanno molti confort, come i fisioterapisti interni, e il livello degli allenamenti è inferiore. È tutto ponderato in base alla serie. La pecca è che non siamo seguite fin dalle basi in modo serio; se ciò avvenisse, avremmo molte più possibilità di accedere a categorie superiori e potremmo ambire a fare del calcio il nostro lavoro.

Hai visto delle evoluzioni in questi anni?

Sì, assolutamente. Secondo me, questo è l’anno della svolta per il pallone femminile! Dopo i mondiali anche il “vecchietto” del paese sa che esiste il calcio femminile, mente prima era un tabù: se una ragazza giocava a calcio, era vista come quella strana, marchiata come un maschiaccio. Si vede che stanno cambiando parecchie cose, anche se c’è ancora tanto da fare soprattutto rispetto alle società straniere. Siamo ancora indietro ma nessuno avrebbe pensato che in Italia saremmo arrivati, per esempio, a vedere le partite del calcio femminile su Sky: è una grande rivincita.

Secondo te, per far sviluppare il calcio femminile, avrebbe più senso partire sin da bambine in un gruppo misto o già in una squadra di sole femmine?

Bella domanda… Stare con i ragazzi ti aiuta tantissimo a livello di gioco, di carattere e ti fa vedere tutto da vari punti di vista. Gli uomini hanno una forza maggiore, per cui devi imparare a cavartela. Il fatto che io fossi l’unica ragazza, a livello caratteriale, mi ha formato a ignorare gli sguardi e i commenti cattivi della gente. A un certo punto, capisci che non stai facendo nulla di male, stai solo facendo ciò che ti rende felice. Inoltre, il relazionarsi con i maschi, che da piccoli tendono ad andare in branco, insegna a farti rispettare. A mio parere, credo sia meglio iniziare in un gruppo misto e poi quando si diventa adolescenti è giusto spostarsi nel femminile.

Parliamo di te: qual è il tuo punto di forza e di debolezza?

Il mio punto di forza è la determinazione: se ho un obiettivo cerco sempre di arrivarci con tutte le armi che ho a disposizione e se non ci arrivo sono contenta lo stesso. Insomma, non vivo di rimpianti. Il mio punto di debolezza è che sono molto “fumantina”: quando sono in partita entro in una trance agonistica elevata alla massima potenza ed a volte può essere un impedimento perché mi arrabbio troppo. Dovrei stare più tranquilla.

Chi è il tuo idolo nel calcio?

Boateng, mi ci rivedo come atleta! Mi piace per il modo in cui gioca, è grintoso, va su tutti i palloni, fa un po’ di acrobazie.

Qual è l’avversario che temi di più in questo campionato?

Che temo nessuno, che ho voglia di affrontare è il S.S.D. Pro Sesto (MI), il primo in classifica; voglio capire quali sono le differenze rispetto alla nostra squadra. Noi al momento siamo messe male a livello di classifica, ma non è veritiera: potremmo stare benissimo tra le prime tre! Non ci manca nulla, infatti a livello tecnico-individuale siamo tra le più forti, per cui, voglio confrontarmi con la capolista per capire cosa hanno in più di noi.

Allora come mai siete messe male in classifica?

Perché non abbiamo ancora capito qual è il nostro valore.

Come ti trovi con mister Facchini?

Molto bene, credo sia una persona che ha tanto da dare e con un’ampia esperienza. Ha delle idee di gioco che non sono accettate da tutti, però credo che se gli si desse più fiducia potrebbe fare grandi cose!

Ha già allenato squadre femminili?

Sì, allenava il Pol. D. Pieve 010 (CR) e le aveva portate tra le prime della classifica qualche anno fa.

Hai un sogno nel cassetto?

Avrei voluto restare più anni in serie B con la Riozzese per testarmi, per capire a quale livello sarei riuscita ad arrivare.

Non sei riuscita, ma non è dipeso da te.

Purtroppo no, in queste cose non hai potere, devi solo subire.

Un ringraziamento?

Vorrei ringraziare il Dovera Società e le singole ragazze che sono state meravigliose nell’accogliere me e altre due mie compagne, Alice Varesi e Claudia Mari, quest’ultima ora gioca nel Milan in serie A.

Lodi, 29/10/2019

Ottavia Rancati