daniele pallavera

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10/05/2020 Off Di Eugenio Lombardo

Il racconto di Daniele Pallavera, vecchia gloria del calcio lodigiano.

Daniele Pallavera (nato a Lodi il 26/01/1969)

Lunga conversazione con Daniele Pallavera, ex vecchia gloria del calcio locale, che a Gazzetta Lodigiana racconta quarant’anni di calcio, tra compagni che divennero professionisti ed altri che si mantennero meteore di promesse mai del tutto realizzate, e figure indimenticabili come don Angelo Carioni, il campione del mondo Gianpiero Marini, e tanti altri appassionati del pallone, gente che ha conquistato, con il proprio impegno, un ritaglio nel cuore di tanti sportivi.

Parliamo davvero di tanto tempo fa, Daniele…

“Davvero, a metà degli anni Settanta il campo di calcio coincideva con il cortile sotto casa e la squadra era quella degli amici: luoghi e relazioni che formavano ed insegnavano tantissimo; in trasferta si andava sui prati vicini del mio quartiere, quello di san Bernardo. Epiche ed interminabili le partite al campo Fantoni (adesso occupato dal Carrefour), interrotte solamente dall’arrivo del proprietario, infuriato sul suo trattore.”

Poi diventi calciatore vero…

“All’età di 8 anni ho avuto il primo tesseramento nella squadra dei Pulcini della mia Parrocchia. Giocavo in realtà con ragazzi più grandi anche di tre anni, tra cui Daniele Ruggeri, che dopo qualche anno, abbandonato il calcio, divenne un grande velocista delle Fiamme Gialle, campione italiano allievi nei 200 metri.”

In quel San Bernardo facesti tutta la trafila della giovanili…

“Sino all’Under 18, che lasciai dopo avere disputato una stagione intera in tribuna, in quanto la società aveva fatto la scelta di non schierare fuoriquota. Fu dunque una stagione strana, fatta esclusivamente di allenamenti, e solo per stare in gruppo con i miei amici, senza giocare le partite ufficiali.”

Quegli anni ti sono rimasti nel cuore!

“Ho avuto la fortuna di avere dirigenti fantastici come il signor Bellotti e il signor Quartieri; e allenatori preparatissimi e pazienti, come mister Beppe Galmozzi e mister Provini e anche il mitico mister “Tono” Castellazzi, terzino del grande Fanfulla di serie B; ricordo la sua automobile, una Diane azzurra, che trasformava le trasferte in allegri rally del lodigiano Soprattutto, però, ho avuto la fortuna di conoscere e di essere ‹allenato› da una persona davvero straordinaria.”

Chi?

“Don Angelo Carioni, allenatore sia in campo che nella partita più importante, la vita. A quei tempi, dopo la scuola, vivevamo sempre all’oratorio, prima e dopo l’allenamento, sempre con il don, spesso a tirare calci al pallone. Durante il Grest, don Angelo s’era inventato il torneo “Ciao Massimo”, dedicato ad un ragazzino prematuramente scomparso. Un evento straordinario per noi bambini: don Angelo ci vestiva con le divise antiche delle squadre di serie A.”

Sento che sorridi…

“Alle premiazioni finali, interveniva anche il campione del mondo, “Il Pirata” Gianpiero Marini, caro amico di don Angelo Carioni. Persino le messe di quest’ultimo era “spettacolari”, i cui tempi certe volte erano scanditi dal calcio, ad esempio quando la Prima Categoria giocava in casa: allora il don accelerava i tempi liturgici, così appena terminata la funzione, tutti di corsa al campo del cimitero per vedere la partita!”

Eravate un gruppo nutrito di giovani, alcuni tra l’altro davvero promettenti!

“Al San Bernardo ho avuto parecchi validi compagni di squadra, che hanno fatto strada. Su tutti il capitano, Silvio Della Giovanna, l’unico che riusciva a battere don Angelo negli scatti e ricordo che, al sabato, giocava nelle giovanili e la domenica in Prima Categoria, dove era anche decisivo, segnando parecchi gol. Silvio ha giocato nei professionisti a Pistoia, Padova, Mantova oltre che nel Fanfulla, dove arrivarono anche altri, come Massimiliano Provini, Massimiliano Sesini, Riccardo Negri e Luca Molti.”

Nomi noti nello sport locale!

“Altri due miei compagni avrebbero potuto fare molta strada, ma si persero per vari motivi. Marco Negri (fratello di Riccardo), un mini mastino napoletano, sempre attaccato alle caviglie degli avversari e Michele Bertoni una belva di portiere, praticamente l’antesignano di Gigio Donnarumma, fisico incredibile e ottimi riflessi; grazie a lui arrivammo ad una finale del Torneo Castellotti perché, nella partita della semifinale, parò una dozzina di calci di rigore agli avversari”.

E contro chi giocaste quella finale?

“L’avversaria era il Bariviera. Disputammo la partita alla Dossenina e perdemmo 3-1. Ma l’avversaria giocava con due prestiti di una giovanile di una squadra professionistica milanese, anche se pure noi avevamo due innesti in prestito, e cioè Paolo Tanelli e Fabio Belloni, futuro capitano e bandiera del Sant’Angelo.”

Sconfitti, ma avevate fama di essere un bel gruppo!

“E’ vero: con quella squadra vincemmo il campionato Giovanissimi, grazie ad un girone di ritorno senza sconfitte e vittoria 1-0 nello spareggio alla Faustina con l’Azzurra di un altro futuro professionista, Chicco Bassani. Vista l’ottima qualità della squadra, l’anno successivo il San Bernardo ci fece disputare gli Allievi Regionali, grandissima esperienza e opportunità di giocare su terreni stupendi e contro grandi società, come il Vescovato, dove iniziò Antonio Cabrini,Castellana e Voluntas Brescia.”

Era come sentirsi nel calcio che conta…

“Ricordo le mitiche trasferte sull’autobus che ci riservava la Star. In realtà, io ero un degno panchinaro vista la scarsa tecnica e il monopiede destro, mentre il sinistro lo usavo solo per far le scale e il povero Mister Provini, si prodigava allo svenimento per insegnarmi ad usarlo”.

Da attaccante passasti a fare il difensore…

“Quella fu un’intuizione di mister “Tono” Castellazzi, che mi schierò in difesa, invece che in attacco, e ciò mi permise di iniziare a giocare da titolare; d’altra parte erano troppi gli errori davanti alla porta, quindi da una sorta di “Sciagurato” (noto riferimento al soprannome del bomber del Milan Egidio Calloni, ndr) mi trasformò in un arcigno difensore.”

Lasciasti il San Bernardo a seguito di una complessa trattativa economica.

“Nel 1988, per trecentomila lire (donate in beneficenza dal San Bernardo a don Angelo Carioni) fui ceduto al Villatavazzano, che disputava la Seconda Categoria. Arrivarono anche i primi soldini: il rimborso benzina e cinquemila lire per ogni punto guadagnato!”

Come andò quella stagione?

“Riuscimmo a mantenere la categoria. All’ultima partita di campionato, a Valera Fratta, accadde un episodio che non ho mai dimenticato. Sul 3-1 per noi, verso la fine dell’incontro, un tifoso avversario indispettito per una rimessa laterale, lanciò una radiolina in testa al direttore di gara: partita sospesa e 3-0 a tavolino.”

Fosti confermato?

“No, perché mi giunse il precetto militare, destinazione Friuli, e assolto l’obbligo di leva, una volta tornato, ero pure senza squadra. Ripartii dalla Terza categoria.”

Con quale squadra?

“Giocai per il Campo Marte, del mitico presidente tuttofare Italo Boni, che avevo avuto come bidello all’asilo Spezzaferri (da piccolo lo feci impazzire con tutte le marachelle che gli combinavo). Qui, per quasi dieci anni, mi sono divertito da matti, con discreti risultati raccolti insieme a mister Pierino Marazzi, mister Delle Donne e a tanti compagni di squadra e di zingarate. Ho avuto il piacere di giocare con Carlo Bignamini, con il dottore Carmine Villani (attuale medico sociale e vicepresidente del Gso Laudense) e con il grande, mitico Remo Pazzi, fino a quando il presidente ha dovuto chiudere i battenti per mancanza di fondi.”

Agli inizi degli anni Duemila eri ancora in campo…

“Ero passato all’Unione Laudense, sempre in Terza Categoria, in un altro gran bel gruppo di compagni come Paolo Formenti (attuale allenatore), Roberto Rho, Lorenzo Boselli e Marco Salari. La società dopo un anno assume il nome attuale, Gso Laudense, sempre in Terza Categoria, con allenatore il dottore Amedeo Riatti. Successivamente, grazie al presidente Mario Fascini, amico di mio padre, andai a giocare nel San Fereolo, la stagione era quella 2001/’02, allenatore Roberto Tarlocco: anche qui sono stato fortunato, ho trovo bravissimi compagni come i due figli di Fascini, Daniele Rescalli e il figlio del Pirata, Lucio Marini. Avevo 33 anni ma l’entusiasmo di un ragazzino.”

Un’esperienza non detto positiva…

“Vero. Dopo la pausa invernale, alla prima partita della ripresa mi ruppi il legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro e dopo un consulto con il dottore “Titti” Silvestrini, decisi di smettere, anche perchè, dopo pochi mesi, sarebbe nata mia figlia Arianna.”

E’ stata dura lontano dai campi?

“Mi sono dedicato alla mountain bike, che è attualmente ancora il mio hobby; poi Arianna ha cominciato a giocare a pallavolo, e da lì è cominciata l’avventura come dirigente di pallavolo femminile (Pallavera è dirigente di spicco nel GSO Laudese Ausiliatrice, amatissimo dalle giocatrici per la sua educazione, ndr), esperienza dove tento di “restituire” alle atlete, tutto quanto ho ricevuto in passato dai miei educatori, don Angelo in primis.”

06/05/2020